LUISAVIAROMA ANNUNCIA UN CONCERTO ESCLUSIVO DI JENNIFER LOPEZ A CAPRI E IL PROGETTO ARTISTICO SUI RIFUGIATI SIRIANI IN GIORDANIA

LuisaViaRoma annuncia un progetto artistico sui rifugiati siriani in Giordania e conferma la data dell’evento di beneficenza LuisaViaRoma x Unicef a Capri, il 30 Luglio 2022, presso la Certosa di San Giacomo. 

Durante la serata un concerto esclusivo di Jennifer Lopez.

In occasione dell’evento verrà proiettato il documentario realizzato in Giordania e seguirà un collegamento live con Unicef in Ucraina.

Perché le nuove guerre, come quella in Ucraina, non cancellano i bisogni di chi è dovuto fuggire da conflitti più antichi, e non trova ritorno.

Il Viaggio tra chi fugge dalla guerra.

A Zaatari. Il Campo profughi più grande del mondo.

LuisaViaRoma, insieme a una delegazione dell’UNICEF ha realizzato una missione sul campo in Giordania per testimoniare, attraverso un progetto fotogiornalistico, il lavoro dell’UNICEF per i bambini e le famiglie siriane rifugiate nel paese.

Perché le nuove guerre, come quella in Ucraina, non cancellano i bisogni di chi è dovuto fuggire da conflitti più antichi, e non trova ritorno.

La Giordania ospita, da circa dieci anni, centinaia di migliaia di profughi che, grazie ai programmi dell’UNICEF e di altre ong internazionali, ricevono ogni giorno istruzione, protezione, salute e vaccinazioni nella speranza di un futuro migliore.

Zaatari e Azraq sono due tra i principali campi profughi nel nord della Giordania dove vivono migliaia di persone piene di forza e dignità, la metà delle quali sono bambini.

LuisaViaRoma partner da ormai 5 anni dell’UNICEF attraverso il gala di beneficenza che organizza due volte all’anno tra St Barth e Capri (il prossimo evento sarà il 30 Luglio alla Certosa di San Giacomo), ha deciso di documentare quel che succede dietro le quinte e come vengano utilizzati i fondi raccolti durante le serate benefiche, per mostrare il supporto concreto portato sul campo, attraverso un documentario firmato da Francesco Petitti, un reportage fotogiornalistico dell’inviato del New York Times Alessandro Grassani, e una storia raccontata dall’inviato Raffaele Panizza.

“Quando guardo i miei bambini negli occhi non posso pensare ad un futuro migliore per loro senza sperare in un mondo dove tutti i bambini possano essere felici”. dichiara Luisa Panconesi, presidente del comitato evento Capri e St Barth. “Per questo è stato un onore aver avuto la possibilità di visitare i campi profughi in Giordania, entrare in contatto con questa realtà, vedere i bisogni concreti delle persone e capire la fondamentale importanza della presenza dell’UNICEF e delle altre ong internazionali nel garantire un vita migliore ed un futuro a questi bambini. Perché è importante l’impegno di tutti per cambiare le cose affinché la storia non continui a ripetersi.”

I bambini della Siria da oltre 11 anni vivono le conseguenze di un conflitto terribile che ha tolto loro tutto. Molti sono sfollati interni, circa 5,8 milioni si trovano nei paesi vicini come rifugati” ha dichiarato Paolo Rozera, Direttore generale dell’UNICEF Italia. “Questa missione sul campo in Giordania fra i bambini siriani rifugiati, assume un duplice significato: non solo quello di mostrare il lavoro dell’UNICEF, ma anche di tenere alta l’attenzione su un conflitto che sembra ormai essere dimenticato. I bambini della Siria, come quelli dell’Ucraina stanno pagando il prezzo più alto di un conflitto che non hanno voluto. Meritano tutto il nostro impegno e sostegno. Ringrazio ancora una volta LuisaViaRoma per essere con l’UNICEF al fianco dei più bambini più vulnerabili.”

Dieci milioni di abitanti in Giordania. Quasi due milioni di profughi siriani. Per i quali la situazione è ancor più gravosa, perché le leggi della Giordania impediscono loro di accedere alla maggior parte dei mestieri.

L’UNICEF garantisce supporto attraverso medicine, vaccinazioni, acqua potabile, gioco, alimentazione adeguata e istruzione.I tassi di frequenza scolastica nei campi profughi hanno raggiunto un tasso pari al 73%.

Durante la missione LuisaViaRoma ha visitato i Makani, centri di aggregazione educativa, ricreativa e culturale che l’UNICEF ha approntato in ogni angolo della Giordania. I bambini e i ragazzi lo frequentano il pomeriggio. Le bambine e le ragazze la mattina: «Avendoli qui, non solo possiamo contribuire alla loro istruzione, ma soprattutto siamo in grado di monitorare tutti i casi problematici» spiega la case manager del Makani, Walaia Fatah, «interveniamo sul lavoro minorile, sui matrimoni precoci, sui casi di bullismo o violenza domestica. In media, siamo costretti a segnalare almeno tre casi al giorno».

Anche nei campi coltivati, lontano dalla città, l’UNICEF ha costruito i centri Makani.

Accade nei tanti insediamenti informali (Informal Tented Settlements) di cui è stata documentata la difficile realtà. Come quello di Um Al Basteen, dove vivono 112 famiglie. 560 persone. E come sempre, la metà, bambini. O come In quello di Jizeh, dove l’UNICEF, tramite il programma WASH, ha portato un sistema di latrine e acqua potabile accessibile a tutti: 62 famiglie. 210 persone. Decine di bambini. Con un approccio replicato in altre cinquanta ITS in giro per il Paese.

Incontri, storie, realtà.

La missione è proseguita con la visita della casa di Abu Adnan, profugo siriano, con la moglie e gli otto figli. La sua è una delle tante famiglie siriane a beneficiare del cash program dell’UNICEF, 35 dollari al mese che possono essere spesi in sicurezza grazie allo scanner ottico, collegato a una sofisticata tecnologia blockchain, presente nelle strutture convenzionate. Soldi per comprare libri. Per compare cibo nutriente. Per scaldarsi d’inverno.

«I miei figli ora vanno tutti a scuola, grazie ai pullmini organizzati dall’UNICEF che li vengono a prendere ogni mattina» dice Adnan, che ha visto la sua figlia primogenita andare in sposa ancora minorenne, «ma ora ho capito l’errore: per le altre mie figlie, voglio un futuro diverso».

Due lunghissimi giorni sono stati dedicati al campo profughi principale, Zaatari, il più grande campo profughi siriano del mondo, a venti chilometri dal confine, una incredibile città piena di speranza e piena di abbandono, dove sono state realizzate trentotto scuole, 52 centri ricreativi, 11 Makani dove giocano e studiano 11mila bimbi. Leggi il racconto di Raffaele Panizza: qui

Grazie all’intervento dell’UNICEF c’è l’acqua potabile che arriva a tutti i 26mila prefabbricati grazie ai pozzi scavati 350 metri sottoterra dal progetto WASH, in un paese dove il rischio idrico è ai primo posti al mondo.

Nelle scuole i docenti proiettano i fonemi dell’alfabeto arabo sulle lavagne luminose, utilizzando i tablet forniti grazie alle donazioni delle Ong. Si impara a usare il computer. A non rispondere a violenza con la violenza. A come difendersi dal bullismo e come dire no al lavoro minorile.

Le bambine seguono lezioni di taekwondo e si sfidano a calcio sui campetti di erba sintetica, potenziando la loro identità e il loro senso di orgoglio femminile.

Esistono anche programmi specifici per insegnare a gestire le emozioni secondo il programma delineato dai corsi di Life Skills, tra una popolazione rifugiata dove l’impatto delle patologie depressive è altissimo. «Nel campo ci sono molte opportunità di lavoro e di volontariato retribuito, in ambiti che là fuori non sono per noi accessibili, come ad esempio nell’insegnamento o nella sanità» spiega Manwer, 39 anni, che lavora come assistente in una delle scuole del campo.

E poi abbiamo documentato lo spettacolo vitale e commovente degli “Champs Èlysées”, com’è soprannominata la via commerciale lunga più di un chilometro che si è formata spontaneamente negli anni, dove la spinta alla vita ha portato a creare saloni di bellezza, dove c’è il venditore di lavatrici e di frigoriferi, i negozi di frutta e verdura e quelli che preparano i qatayef, i ravioli dolci che si cucinano tutti i giorni durante il ramadan.

Nel campo, rivelano i dati ufficiali, nascono diciannove bambini ogni giorno, con un tasso di mortalità vicino allo zero.

Un luogo positivo, dove tutto cresce e va avanti, rimanendo però chiuso in una bolla di sogni e speranze.

«La nostra vita è una strada verso il nulla» dice Ammar, 19 anni, che sta terminando l’ultimo anno di superiori nel campo profughi giordano di Zaatari.

Il suo futuro dipende anche dall’intervento di tutti noi.

Video Reportage: 10 years in Zaatari

Hamam ha dieci anni, esattamente come il campo profughi di Zaatari dove vive da sempre insieme ai suoi sei fratelli.

Nelle sue parole ci sono la polvere e un futuro incerto. Ma grazie a Unicef e LuisaViaRoma, c’è anche molto di più.

Il mondo visto coi suoi occhi nel video reportage commissionato da LVR e firmato da Francesco Petitti dell’agenzia Olandese Mivida.