Narrazione tattile di texture e superfici.
Buchi e sfilacciature:
il punk organico della terra inaridita,
con un atteggiamento f**k you.
Condividere, prendere in prestito:
l’intimità di uno scambio.
Rubare il maglione di lui,
farsi una divisa con la sua camicia e i suoi boxer.
La pelle che occhieggia, poeticamente.
Cashmere + seta, cotone + seta, seta, popeline di cotone.
Toni terrosi, marrone bruciato.
Classicismo, stravolto e graffiato.
Manifesto
Ramael è un progetto. In quanto tale, la sua identità sta nel metodo e può assumere molte forme diverse.
Un progetto comunica per affermazioni, queste affermazioni sono gli oggetti stessi, con la loro inconfondibile identità e anima.
Sono gli oggetti che parlano. Letteralmente, lo fanno.
Il metodo Ramael è crudo e autentico. La crudezza è un’immediatezza non filtrata che sa di punk, l’autenticità lo rende un classico istantaneo. Il rispetto dei materiali e dell’artigianato è evidente, ma la classicità è stravolta.
Il medium di Ramael è la maglieria: il modo più malleabile e personale di far vestiti. Ramael lavora con filati speciali, creati riattivando deadstock o seguendo un pensiero responsabile.
La sigla di Ramael sono volumi sciolti che si adattano liberamente a diversi corpi e identità. Sciolto come accogliente e inclusivo; sciolto come facilitatore di interpretazioni personali.
Lo spirito Ramael è allo stesso tempo ribelle e maturo, perché bisogna apprezzare i classici per stravolgerli. L’atteggiamento etico aggiunge sostanza.
Il lessico Ramael è lussuoso, in termini di qualità e dettagli, ma l’approccio è crudo. Il lusso, dopo tutto, è una questione personale, diretta e viscerale.
Ramael mira a riunire individui che la pensano allo stesso modo, lasciando che gli oggetti parlino, permettendo alle differenze di incontrarsi.