SCHIAPARELLI HAUTE COUTURE SPRING SUMMER 2022

La nostra ultima collezione Couture è stata concepita in un breve periodo di speranza: era aprile.
I vaccini stavano diventando ampiamente disponibili, l’idea di viaggiare stava diventando di nuovo una possibilità. Potevamo cominciare a immaginare che l’incubo collettivo era alle nostre spalle, o almeno lo sarebbe stato presto.
Eppure, ora, intrecciata a quella speranza c’è un senso di perdita. La perdita delle persone, la più straziante. Ma anche la perdita della certezza. La nostra perdita della certezza, la perdita di un futuro collettivo. C’è anche il pervasivo senso di spaesamento che tutti sentiamo: quel susseguirsi di apparizioni sul tappeto rosso, di premiazioni, perfino di presentazioni di moda: c’è qualcosa in tutto questo che sembra poco brillante. Non siamo esausti da tutto questo? La moda ha insistito sulla sua rilevanza, eppure sento che anche alcuni dei suoi protagonisti non sono più convinti. Cosa significa la moda, cosa ha da dire la moda, in un’epoca in cui tutto è in movimento? E, per quanto riguarda questa Maison, cosa significa il surrealismo quando la realtà stessa è stata ridefinita?

Durante le 23 prove dei capi di questa collezione, mi sono reso conto che ciò che mi sembrava eccitante in questo preciso momento era qualcosa di diverso, qualcosa di più trattenuto, disciplinato. Improvvisamente, il colore mi sembrava sbagliato. Così come il volume. Tutti i trucchi che gli stilisti di alta moda (me compreso) usano per comunicare grandezza e maestria – grandi silhouette, gloriosi pouf di tessuto, enormi volumi – mi sembravano vuoti. Invece, volevo vedere se potevamo ottenere lo stesso tipo di dramma e di fascino ultraterreno senza fare affidamento su quel sistema. Sentivo dentro che avevamo bisogno del nero, del bianco e dell’oro, non nel senso di un ritorno alle basi quanto di un movimento in avanti, verso l’elementare.
Dopo due anni passati a pensare al surreale, mi sono ritrovato invece a pensare all’empireo: Il cielo come luogo di fuga dal caos del pianeta, ma anche la casa di una mitica sacerdotessa, allo stesso tempo dea e aliena, che potrebbe in effetti camminare tra noi.
Un essere i cui abiti sfidassero le regole della gravità. L’ho immaginata indossare forme sartoriali affilate come un rasoio, la vita stretta e colli di “colomba” sovradimensionati pronti a prendere il volo. La visualizzavo con una giacca corta color crema con il dorso a becco d’anatra in sartoriale toile di cotone “U.S.”, ricamata con palme Schiaparelli vintage che si sollevano dalle spalle per ergersi dritte.
Un essere che indossa pantaloncini bordati di faille di seta ecru, cinciallegre di raso beige in vita, bustiers aerodinamici con fusciacche di raso crema, e cascate di crine nero che tremano e rimbalzano insieme ai suoi movimenti.


Se indossasse un lungo frac in faille di raso, sarebbe ricamato dietro con la fontana di Apollo di Versailles, un altro motivo vintage della Schiaparelli. E infine, dopo il rigore della sartoria e la sperimentazione di una nuova silhouette più affilata, avrebbe abbracciato la sua potente vita interiore dando spazio a fontane d’oro, neri piumaggi, cabochon dai formati quasi animaleschi, fino all’abito da cocktail di cristallo, che appare al mondo esterno come l’interno di una scatola di gioielli.
Questa stagione orbita intorno a una ulteriore sperimentazione dell’oro Schiaparelli. Abbiamo lavorato a lungo per perfezionare la tonalità – né calda né fredda, né ottanio né rosa, per arrivare ad un oro formulato specificamente per noi, composto con parti di foglia d’oro 24k. L’abbiamo interpretato in due modi, progettati dagli straordinari artigiani con cui collaboriamo. Nel primo trattamento, abbiamo creato delle sculture che rappresentano i codici della Maison, in argilla e schiuma.
Quindi gli occhi e i lucchetti, l’aragosta, la colomba, e una litania di parti del corpo, che diventano stampi con rivestimento in pelle o in tessuto. Sculture senza peso, poi dorate in foglia d’oro 24K e ricamate con cabochon e cristalli vintage provenienti dalla fine degli anni ’30. L’effetto è infantile e un po’ grezzo.
Elementare, come dicevo.
La seconda visione in oro, si presenta in pezzi su un abito a colonna in jersey di seta nera, invaso da lunghi e tremolanti fili di metallo, lastre di metallo martellate e lucidate che oltrepassano i confini di un corsetto, libero di muoversi e frusciare come una medusa nell’acqua.
Disegnare questa collezione mi ha fatto anche capire qualcos’altro. Ci sono designer che disegnano perché amano i vestiti. Ci sono designer che fanno vestiti perché amano il mestiere, perché amano le persone. Ci sono designer il cui lavoro è legato alla moda come concetto, al glamour come business.
Io disegno per far sentire qualcosa alla gente.
Quando gli abiti, gli accessori i capelli, la musica ed il muoversi di chi li indossa sono in armonia, quando l’insieme cerca di comunicare qualcosa, possiamo ricordarci perché amiamo la moda – perché io amo la moda. Non per le celebrità, non per i like, non per le recensioni. Piuttosto perché, quando è fatta bene, quando ha qualcosa da dirci, può aiutarci a sentire l’inafferrabile. Perché ha ancora il potere di commuoverci.

Daniel Roseberry